Lasciarsi distrarre dal dettaglio è un attimo. L'uomo che avanza deciso, bombetta in testa e cartelletta sotto il braccio. Il signore con il cappello a tesa larga che guarda verso il centro della strada, allacciando il bottone del cappotto. Le due matrone al centro del marciapiede e della scena, sottane lunghe fino ai piedi, mantelle spesse per ripararsi dalle bizze dell'inverno, copricapi che a guardarli sembrano buffi, ma allora erano di gran pregio. La figura femminile più piccola e leggermente discosta rispetto a loro, forse una figlia oppure una dama di compagnia, certo abbastanza giovane e meno impegnata, visto che mostra almeno le caviglie. Uomini che cammino avanti e indietro, ma soprattutto avanti, lungo l'ampio viale di alberi spogli. La chiesa di San Bartolomeo, in fondo. I bar e i negozi, sulla sinistra, con i drappi e le tende, per riparare dal pallido sole. Poi i cartelloni pubblicitari, le rifiniture d'arredo, le impalcature di edifici in costruzione, all'orizzonte, gli edifici bassi senza ancora nessuna traccia di palazzi...
A guardarlo con la lente d'ingrandimento ci sarebbe da osservarlo per ore, scoprendo indizi di una Bergamo di cui rimane tuttora traccia, pur se non è più la stessa, al pari dell'intero Paese.
Ciò che importa sottolineare oggi è invece il quadro d'insieme, per capire come in un secolo è cambiata la città. Il Sentierone, della Bergamo di sotto, era il baricentro, il punto focale, la zona più frequentata, quella che esiste in tutti i luoghi urbani e che si chiama di volta in volta con un nome diverso: struscio, vasca, budello, passeggiata...
Cento anni dopo è ancora così? Se dovessimo fissare un punto dove piazzare il compasso e segnare un cerchio lo punteremmo ancora lì? Oppure il centro gravitazionale della folla s'è spostato più in là, in via XX Settembre, verso piazza Pontida?
Una domanda a cui solo i bergamaschi possono trovare risposta.