Cavernago e i colori dell'infanzia

Dopo tanto bianco e nero (delle fotografie e anche delle montagne in inverno e della neve) cambiamo registro e scegliamo un'immagine a colori, in tutti i sensi.

Una foto che racconta di pianura, di pace e di libertà, che poi è il nome che gli amici di Cavernago hanno scelto per didascalia all'albero imponente, maestoso, che ruba la scena a tutto il resto. Una pianta meravigliosa, con i rami che ricordano i tentacoli, le ragnatele, persino i vasi sanguigni. Fronde spoglie - sarà stato fine marzo, inizio aprile - ma che pure così, senza foglie, disegnano la vita che si espande, che irrompe sul palco a prescindere dalla stagione.

E in primo piano, al centro della scena, con alle spalle l'albero e le cascine e la chiesa e un campanile, ecco una ragazzina con le mani ai fianchi, il maglione turchino, la gonna scozzese. Chissà come si chiamava, chissà quanti anni aveva e quanti ne ha ora, se è diventata adulta, quali sogni la tenevano sveglia, la sera, chissà se li ha realizzati oppure no, se se li è portati via il vento, lo stesso vento che spazza tutti gli autunni dai rami le foglie ma ogni anno non riesce a impedire che la primavera torni.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

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