Si radunavano in molti, in quei giorni. Chi per rimarcare un antifascismo di lunga data, pagato a prezzo caro con l'emarginazione dalla vita sociale, umiliazioni, qualche botta, olio di ricino, e nei casi peggiori il confino e la prigione addirittura. Altri invece si univano alla folla per risciacquarsi la reputazione, prima ancora che la coscienza, perché il vento era mutato e ora soffiava bufera per chi una volta l'aveva in poppa. Il risultato era l'adunata delle masse, come in questo caso, in piazza Libertà, a Bergamo.
Saremmo tuttavia imprecisi e superficiali se sbrigassimo così la pratica, non riconoscendo a questa fotografia e all'immagine che rappresenta un valore fuori dall'ordinario o, peggio ancora, convenzionale, utilitaristico. La guerra era finita da pochissimo infatti. Era appena il luglio del 1945, a neppure cento giorni dalla Liberazione, e l'eco del conflitto, il sapore delle lacrime e del sangue era ancora freschissimo. Una ferita aperta per cui sarebbero stati necessari anni, prima di rimarginarsi, e dopo decenni di comizi a partecipazione obbligata, i cittadini potevano sperimentare l'ebrezza della libertà, del ritrovarsi per scelta, se non per convinzione assoluta.
Ricordarlo oggi, che in piazza si va poco o nulla, se non a passeggio o a qualche concerto, è utile al cuore e alla memoria, affinché ogni singolo momento di libertà venga apprezzato, smettendola di lamentarsi sempre per nulla.