A cuore aperto. In tutti i sensi. Il centro di Bergamo squarciato, divelto, scavato a fondo per crearci un rifugio, quasi un ritorno nella pancia della città, un parto cesareo al contrario, per ripararsi dalle possibili esplosioni e acquietare quel desiderio di sicurezza sempre più intenso.
Ma non sempre la paura va a letto nel giaciglio che hanno preparato per lei. Così la guerra che diede la scintilla al bisogno di protezione rimase per fortuna l'ultima, le bombe lì mai arrivarono, gli aerei nemici non solcarono i cieli, né alcuno dovette scapparci dentro. Le spesse volte sotterranee, al posto di maschere antigas e scatolame per sopravvivere nei giorni d'assedio, ospitarono tavoli dove giocare a carte o a biliardo, nell'Albergo Diurno dove le uniche battaglie erano con i tiratardi che alzavano il gomito e invece di quattro risate avevano il ghigno e la mano pesante dello sbronzarsi incarognito.
Noi invece, troppo giovani per vedere ciò che doveva essere e anche ciò che in seguito è diventato, ci deliziamo con queste fotografie, che testimoniano la laboriosità dell'essere umano, per il quale fare e disfare è sempre un lavorare e le uniche lezioni che si imparano sono quelle con cui ci si sbatte il muso.