"Sic transit gloria mundi". Così passa la gloria del mondo: in carriola. E anche sul carretto, lì a fianco.
Uno scorcio di città e anche uno squarcio, in senso letterale, dovuto
non alle bombe o ai carri armati ma al semplice desiderio di andare
avanti, di trasformare l'esistente, in altre parole: di cambiare il
vecchio in nuovo.
La chiesa di Santa Marta fu demolita così, agli
inizi del Novecento, senza ruspe né esplosivo, bensì a colpi di piccone e
a forza di braccia, la medesima forza di braccia che secoli prima l'aveva edificata.
Un abbattimento che denota quasi un'eleganza, una forma di rispetto -
tipo quella di certe battute di caccia al cervo fatte dai discendenti
dei pellerossa soltanto con frecce e arco - pur se con il senno del poi
quel radere al suolo potrebbe essere giudicato comunque uno scempio.
E a noi, oltre alla polvere e a qualche pietra, per ricordo rimane poco
o nulla, compresa quest'immagine, con gli operai in posa come tanti
omini del presepio, sparuti e immobili al pari del tempo nelle foto,
fermo e immutabile, morto anche quando sembra vivo.