Piazza Dante, il ritrovo delle madri. Didascalia precisa e linda per descrivere un fenomeno che a Bergamo raramente si ripete ora, non tanto o non solo per la circostanza che di bimbi ne nascono meno, quanto piuttosto perché sono cambiate le madri, le donne e gli esseri umani in generale.
Non diciamo sia meglio o peggio, ci limitiamo a constatare che la maternità, così come quasi tutti gli accadimenti della vita, siano vissuti più come fatto privato, come esperienza unica e personalissima, non come momento comunitario. Semmai gli altri li coinvolgiamo da lontano, rendendoli spettatori, continuando a postare pensieri o video o fotografie su Facebook o Instagram, senza però avvertire la necessità di un contatto più profondo, di una condivisione che sia innanzi tutto scambio, relazione. O forse, più banalmente, allora i pretesti per uscire di casa per le donne, libere o sposate, erano rari e si coglievano al volo mentre ora siamo sempre in giro, ci si trova dappertutto e non esiste la necessità di fare comunella, di essere gruppo.
Comunque sia resta di quel tempo una fotografia stupenda e nostalgica, l'immagine di un momento lieto dell'esistenza umana, zeppo di bambini, di carrozzine, di mamme in ordine sparso, chi in piedi, chi seduta su una panchina, chi intenta ad osservare la fontana, chi a cantare una ninna nanna. E piazza Dante, non per caso, non c'è mai sembrata così bella.