Il mio si chiamava Mivar, aveva tre manopole, un mobile tutto suo e un trasformatore a parte, che altrimenti senza non si accendeva. Quello che invece si vede nella foto era un Philips ed era in vendita ancora prima, verso la metà degli anni Cinquanta.
Al di là dei tecnicismi, questa foto di Piero Bellavita è emozionante poiché ricorda il tempo in cui il televisore non soltanto era una scatola magica, ma riusciva soprattutto a unire invece di dividere, come accade oggi. Per vedere i programmi di allora infatti la maggior parte delle persone doveva andare in un luogo pubblico, un bar, un oratorio o appunto in osteria. Ciò relegava l'intimità ad accessorio ed esaltava piuttosto la condivisione, la compagnia. Era insomma a immagine e somiglianza di una società più "pubblica", paradossalmente perché più "privata" ("privata" nel senso di priva, di mancante: mancante di mezzi materiali, di abbondanza di strumenti, di ricchezza).