Quando loro eravamo noi

"La prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento e puzza di sudore dal boccaporto e odore di mare morto".

Quando loro eravamo noi. 
Oggi hanno tolto una "e" ma il nocciolo è quello: gente che lascia una casa, un paese, una famiglia e si imbarca per un luogo lontano, spesso sconosciuto, ricco e spesso ostile (e più ostile quanto più ricco), inseguendo le proprie speranze o semplicemente spinto dalle comuni desolazioni.

Nulla di nuovo sotto il sole
, anche se la memoria corta contribuisce a gettare fumo negli occhi, annebbiando le menti e impedendo di ragionare serenamente. Perciò proponiamo quest'immagine, che al netto delle paure, dei contrasti, delle reali differenze e del rischio di essere etichettati come buonisti o come egoisti, ricorda un tempo in cui i "migranti" partivano da qui, invece di arrivare. "Solo nel 1923 la questura rilasciò dodicimila permessi per gli emigranti bergamaschi" riporta Giuliano Rizzi.

I popoli si sono sempre spostati, insomma, pur se per la stessa ragione non possiamo dare torto a chi propone di aiutare i nuovi migranti "a casa loro". Soltanto il benessere sopraggiunto nel dopoguerra, infatti, ha fatto in modo che la nostra terra diventasse banchina d'attracco invece di porto di partenza. Il resto sono pie intenzioni e discussioni che meritano una sede più degna di questa.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

Leggende delle due ruote: Felice Gimondi

Saluti (in posa) prima di partire

Tornare bambini