Quattro storie e un carro armato

Scusi, vado bene per l’inferno? Sì, sempre storto. Torna in mente una vecchia battuta osservando una foto che da sola racconta quattro storie  vissute attorno a un carro armato Sherman in avvicinamento nel cuore di Bergamo, solo rallentato dalla folla ai lati di via Broseta. Uno scorcio da Robert Capa, la testimonianza di un accadimento che sempre affascina, in quella terra di nessuno che sta tra la guerra e la pace. Una foto scattata quando la guerra non era ancora così lontana da mettere il tank in garage e la pace compiuta non era così vicina da costringere i carristi ad andarsene dal centro con la multa. E’ la felicità della terra di mezzo, con il mondo che sembra un cortile di ricreazione e le regole sono sfumate come carezze.

Quattro storie. La prima è quella del soldato alla guida, l’unico che non sorride, concentrato in un’operazione poco usuale: rispettare il codice della strada. Lui non può distrarsi, deve evitare di spalmare sull’asfalto i cittadini felici e di correggere l’angolo di qualche abitazione. Ha in testa una sola domanda: dove lo parcheggio? Arriva dal Wisconsin, dimostratemi il contrario.

La seconda appartiene al carrista appollaiato sullo Sherman, a sinistra di chi guarda, colto mentre se la ride, stringe mani come una rockstar dal palco e non lesina ai bergamaschi in festa sigarette e cioccolata. La quinta armata arriva da lontano, ha attraversato mezza Italia per giungere fino a qui e chiudere – con l’operazione Mitraglia, agli ordini del generale Clark – la partita con i tedeschi. Lui ride, stringe mani e regala cioccolata perché è felice che tutto stia finendo. Ha saputo che sua moglie aspetta un bimbo, non vede l’ora di tornare a casa.

La terza storia è quella della ragazza, sempre a sinistra, di spalle, che allunga la mano. Sa che gli americani sono prodighi di doni e sa che hanno piacere nel consegnarli alle signorine, questione di fascino. Però trepida perché ha visto le tasche del soldato sgonfiarsi. Siamo alla fine, c’è chi è piazzato meglio. E una stretta di mano da portare a casa sarebbe troppo poco.

La quarta storia riguarda il fotografo, un uomo coraggioso che si è piazzato lì, in mezzo alla strada, davanti alla bocca del cannone, per immortalare non un fatto, ma l’Evento. Non la cronaca, ma la Storia. Ancora un clic e poi via. Sembra abbia detto: "Non posso farmi arrotare per quelli di Storylab".

Giorgio
Giorgio Gandola Giornalista

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