Ci sono i fatti, la realtà nuda e cruda, e in contemporanea l'immaginazione, ciò che si vede quando si chiudono gli occhi. I primi indicano il lavatoio pubblico di via San Tomaso, "alimentato dalla così detta 'roggia nuova' che partiva da via santa Caterina passava per via Celestini e in via San Tomaso. La roggia proseguiva poi attraversando il parco Suardi ove è ancora oggi visibile e pare arrivasse fino alla chiesa di S. Bartolomeo". Un manufatto che non c'è più, essendo stato demolito nel 1910, ma si trovava proprio in centro a Bergamo, infatti "il portone dietro la testa del bambino in primo piano corrisponde all'attuale civico 90 di Via San Tomaso".
Poi però c'è dell'altro, c'è quel bimbo con il piedino sul bordo della fontanella e la mano tesa a saggiare con il palmo l'acqua, unica ricchezza non preclusa alle tasche di tutti, in quel tempo gramo che erano gli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento. E soprattutto, poco più in là, chinate sul lavatoio vero e proprio ci sono due bimbe, che vorremmo intente a giocare e spruzzarsi in allegria, mentre più realisticamente stavano già a spezzarsi la schiena e a a farsi sanguinare la pelle delle dita, lavando i panni di casa o di qualche famiglia benestante, che pagava qualche centesimo per la mano d'opera. Soltanto l'energia e la fantasia della loro età non le piegava ed è così che vogliamo ricordarle, nella dolcezza dei loro gesti senza tempo, spogliate di ogni malinconia.