In principio era viale Stazione, poi viale Roma e tale è rimasto a lungo, anche se per noi quel tratto che va dalla ferrovia a Porta Nuova è viale Papa Giovanni XXIII da un pezzo.
Storylab è stupendo per questo: la capacità di dare spessore e dimensione ai luoghi, ricordandoci che non sono immutabili, eterni, attenuando la sensazione di ciascuno di noi, di essere il primo e l'ultimo a questo mondo, ombelico gravitazionale attorno a cui ruota tutto.
Non è così. Mille generazioni ci hanno preceduto, mille altre almeno ci seguiranno, i paesaggi mutano inesorabilmente e nulla è definitivo. Una constatazione che ha un riflesso consolatorio, perché ci riporta con i piedi per terra e ci spinge ad osare di più: per quanti danni possiamo fare, il bello potrà sempre trovare la sua strada (vale altresì il contrario, ma oggi voglio soltanto pensare positivo).
Prendiamo viale Papa Giovanni o, meglio, quello scorcio di città che oggi porta quel nome.
In questa fotografia non c'era traccia di asfalto, palazzi, gli alberi sono messi a dimora da poco, pare quasi un viale di campagna, anche se ampio. Un'ampiezza che era profetica e lungimirante insieme, porta d'ingresso futura a una città intera.
La mano umana fece il resto. I palazzi furono costruiti, le piante crebbero, la strada fu asfaltata e arrivarono le automobili, pur se restava in giro qualche carretto (in basso, a destra, guardando la foto)
I cambiamenti successivi non l'hanno variato molto, mentre sono aumentati i problemi, sostanzialmente legati al traffico.
Proprio per questo a noi piace ricordarlo così, com'era in principio, candido e ordinato come appariva in cartolina (la realtà è sempre un'altra cosa), alla fine dell'Ottocento, con i cancelli che ancora limitavano la città e un viale che pare uscito dai libri di Boris Pasternak.