Zogno ai suoi caduti

Una stele. Un blocco di pietra, la statua bronzea di un fante, con la bandiera, quattro colonnine ai lati, un basamento, due gradini e nulla più. Per ricordare i morti della grande guerra non si usavano monumenti imponenti, in quel tempo gramo ch'era la metà del Novecento la sobrietà diventava virtuosa, oltre che necessaria.

I nomi incisi in ordine alfabetico bastavano e avanzavano, considerato che padri, madri, sorelle, fratelli, figlie e figli dei Caduti preferivano alla retorica la compostezza del camposanto, per il ricordo, qualche lacrima e una preghiera. L'originalità di quest'immagine di Zogno, in Val Brembana, ruota attorno al monumento come a un perno, manifestandosi nella cura dei prati rasati, delle aiuole, dei piccoli pini piantumati a far da sentinella e in quello scorcio di case arroccate, appiccicate una all'altra, in un disordine che già al primo colpo d'occhio appare come somma bellezza.

È il ritratto di un paese vivo, reale, cresciuto pezzo per pezzo senza criterio d'urbanista, ma che esprime in ogni mattone, in ogni tegola, un frammento di vita, di comunità, di storia.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

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