“Contrada per Medolago” Sullo Stradario 1824: “STRADA DI MEDOLAGO. Principia dalla Piazza Comunale e porta al confine con Medolago. Grado Massimo perché serve alla comunicazione di diversi Territori”. Da Piazza del Comune, transitando per Strada di S. Donato, si poteva dunque giungere in Medolago; apprezzabile località per i mulini a grano e per il passaggio dell’Adda che avveniva tramite barche. Un tempo era anche sede di dogana per sorvegliare i traffici con il confinante ducato milanese. Per tale testimonianza abbiamo anche un proclama di Michiel Polo, podestà di Bergamo, quando nel 1271 impose ai portuali dell’Isola di “ non traghettare sull’altra sponda le biade” ed altre cose vietate come farina, olio, pesce, vino, ecc. A Terno, centro istituzionale con deposito fiscale per i comuni dell’Isola al tempo della Repubblica di Venezia, vi era la “Società dei Naviculari” che aveva il compito di guidare, tra le correnti dell’Adda, le imbarcazioni addette al trasporto (e al contrabbando) di merci e abitanti che dovevano raggiungere la città di Bergamo utilizzando l’italica strada del porto: Medolago-Castegnate-Terno-Ponte San Pietro. Il Manzoni, quando accenna al pescatore che traghetta Renzo in fuga dallo Stato di Milano, ricorda che i nostri traghettatori facevano anche buon viso a briganti e contrabbandieri. I rettori veneti, nello stesso periodo, descrivono i traghetti dell’Adda come luoghi assai pericolosi, poiché “Sanno i bergamaschi, prima di commettere gli omicidi, gli stupri, le violenze e le rapine, fabbricarsi le difese coartate di loco e di tempo. Hanno infettato il paese di testimoni falsi e intimorito gli homini da bene”. Insomma, pare che i nostri traghetti (Trezzo, Medolago e Calusco) furono sì luoghi di contrabbando, per fame e povertà, ma anche di mafia e omertà. In un documento del 1802 troviamo la “lamentela dei cittadini di Medolago per lo stato di impraticabilità della Strada che conduce da Terno a Medolago. Inagibile e importante. Conduce fino all’Adda, che poi si traghetta per altro Distretto ”. L’intervento del distrettuale Angiolini si rese operativo con un’intimazione agli amministratori di Terno: “Si costruirà un ponte sopra il torrente Buliga per lì pedoni e sarà di legno di rovere e larice, lungo venti braccia con piloni di pietre o sia di marmo. Sostenere con muro la valletta successiva ritagliando la ripa dove a mano destra s’incontra una diramazione (via Del Lago 1). Sia allargata la strada di sei metri o braccia con lunette per l’acqua della valletta”. Il dissidio tra amministratori e abitanti di Medolago, probabilmente destava attenzione anche ai residenti in Castagnate e Terno e non solo quelli che dovevano recarsi a Medolago per macinare grano o traghettare l’Adda, ma anche chi doveva usufruire dell’unico servizio speziale gestito in zona da un droghiere. Già verso la fine del ‘700, in Medolago, vi era una “farmacia” curata da Battista Rigamonti. Nel 1857 si costruirà un ponte in pietra anche sul torrente Grandone: “Sul tratto di Strada che da Torre porta alla Strada per Terno, in onore della prossima venuta in Lombardia del nostro Imperatore Monarca Francesco Giuseppe”. Non risulta che l’imperatore del lombardo-veneto sia poi transitato sull’antica strada che da Terno portava in Medolago, ma è certo che il percorso di collegamento delle due comunità non seguiva l’attuale tracciato poiché transitava in località Torre, frazione di Medolago, laddove rintracciamo i resti di una poderosa torre con cascinale del XV secolo. L’originaria Strada di Medolago, superato il confine occidentale di Terno e la scarpata dell’attuale villaggio degli Hari Crisma (località Rodi), deviava a sinistra per poi svoltare a destra e varcare il Grandone. Dopo la congiunzione con l’antica strada che perveniva da Bonate Sopra e Castegnate, s’indirizzava verso Ponente per terminare, di certo fin dall’anno 953, “in castro Medolaco”. L’attuale tratto rettilineo che continua fino ad attraversare la via Rivierasca era, ovviamente, l’antica strada occidentale dell’Isola che immetteva al porto e ai mulini di Medolago. Mulini ad energia idraulica che, per intere generazioni, furono gestiti dalle famiglie Riva e Teli. Con l’arrivo dell’energia elettrica in Terno verso la fine dell’800, un mulino per cereali fu impiantato anche al termine di via Medolago, prima del Buliga, e qui rimase in funzione fino agli anni 60 del ‘900. Nella Perizia 1864 si riporta la “CONTRADA PER MEDOLAGO” che, essendo contrada, non iniziava in piazza, ma “Staccasi a sera di quella di Castagnate quasi in fine della strada e termina all’incontro della seguente Contrada della Torre che la interseca”. Sulle mappe del 1853, accanto al tracciato di questa contrada ritroviamo l’area e i perimetri urbani dell’insediamento medievale di Castegnate. Nel percettibile impianto rurale è notevole l’insediamento, caratterizzato dall’agglomerato di case di varia misura e tipologia, sorto attorno alla torre e alle due residenze patrizie di quest’ex Comune ed ora località ternese. Oggi, naturalmente, la volumetria degli antichi casali di Castegnate è notevolmente accresciuta, talvolta riedificata o riadattata secondo le progredite esigenze abitative e le strutture coloniche rurali suddivise in proprietà individuale, i porticati e le stalle trasformati in appartamenti o in autorimesse. Il passaggio, dall’antico al nuovo assetto urbano, qui è avvenuto nel giro di pochi lustri. Certo, non è un fenomeno puramente locale. Anzi, è riscontrabile in ogni parte d’Italia. In pratica dovunque un po’ di sviluppo e benessere, accompagnato talvolta da mancanza di creatività e rispetto per l’ambiente, ha intaccato le vecchie strutture economiche e sostituito gli antichi modi di vivere. In ogni modo sono intuibili gli elementi strutturali che fanno riferimento alle originarie disposizioni medievali e interventi rinascimentali. Sul lato sud dell’ex Contrada per Medolago, alla destra di Palazzo Viscardi, è visibile la corte denominata “Stalù”; un ambiente ricco di memorie. E’ impossibile guardarsi attorno senza percepire ciò che il passato tramanda, il valore della tradizione architettonica rurale che è parte fondante della storia locale. Ma in quest’attuale via Medolago, vi è la presenza aautorevole di Palazzo Viscardi, ex residenza Ferrari, probabilmente riedificato nel XVIII secolo, riorganizzato con aggiunte strutturali nel XIX, ristrutturato nel XX. Palazzo Ferrari fu costruito per essere un solido edificio padronale, a carattere rurale, uno dei tanti che caratterizzano i centri storici dell’Isola. Oggi lo ritroviamo, con pianta a L orientata a Sud-Est, disposto su tre piani e portale sulla contrada che, tramite un piacevole androne, permette l’accesso al porticato ad archi ribassati e colonne binate. Dignitose sale a crociera al pianoterra, con ampio camino in arenaria, e soffitto con travi lignee ai piani superiori. Pozzo murale e capiente cantina a volta. Una reminiscenza di giardino all’italiana, con piante secolari ed essenze pregiate, è di fronte e sul lato est del palazzo. Questa casa signorile merita particolare indicazione pubblica (magari con cartello segnalatore) poiché, oltre all’architettura e alla racchiusa storia locale, fu residenza di Luigi Ferrari; il noto personaggio risorgimentale che, durante i cinque mandati di primo cittadino di Terno (1840-1853), ebbe rilevanti ruoli politici, sia nel primo movimento repubblicano federativo, sia nel governo provvisorio costituitosi in Bergamo dopo le cinque giornate insurrezionali del marzo1848. Il Ferrari, in contatto con Mazzini, Rosa e Cattaneo, fu tra i fondatori del movimento federalista bergamasco e del primo giornale democratico di Bergamo (L’Unione). La moglie Bona Ghidini, ardente patriota accanto a Camozzi, Mazzini e Garibaldi, fu la prima donna (a tutt’oggi anche l’ultima) eletta al ruolo e di primo cittadino di Terno (un ruolo ritenuto scandaloso e vietato per le donne dagli ordinamenti imperiali). Precedente all’epoca di costruzione di Palazzo Ferrari è tutto l’impianto delle vie Medolago e Torre con vicoli laterali e parte di via Trieste, probabile testimonianza dell’insediamento racchiuso tra mura in età comunale. Da ricordare che i nostri progenitori, prima di tal epoca, abitavano in piccoli borghi rurali che al massimo potevano alloggiare dalle 50 alle 150 persone. Le case erano solitamente in legno, erette dagli stessi contadini con tetti di paglia e argilla seccata. Per gran parte dell’anno regnava il buio; le candele erano un lusso. Pochi i mobili: un tavolo, una panca, magari una cassapanca e un pagliericcio molto largo dove vi dormiva tutta la famiglia. Dopo tal epoca sono state erette in muratura queste abitazioni rurali che, prima delle recenti ristrutturazioni o radicali ricostruzioni, i meno giovani vi hanno abitato e nelle stalle e corti rustiche vi hanno lavorato fino agli anni ‘60 del ‘900. Tuttavia, fino a qualche decina d’anni fa, sia in Castegnate sia in Terno, si poteva osservare l’intatta presenza di piccoli e ariosi cascinali colonici edificati attorno ad uno spazio sul quale si affacciavano, chiudendoli in un complesso unitario, tutti gli edifici necessari alla sussistenza e alla produzione agricola; vale a dire le abitazioni contadine dotate di stalle e porticati per essiccare cereali e riparare carri e attrezzi. In tali abitazioni, fino alla metà del ‘900, è stata l’affermazione della mezzadria a dominare per lasciare gradualmente spazio all’affittanza e alla piccola proprietà. Oggi, per nostra fortuna, vi risiede un discreto benessere.