Pergamena di Vittorio Emanuele II per la conferma nel 1871 del Sindaco di Terno, poiché nel 1859, con l’istituzione transitoria del Regno Sardo-Lombardo, le organizzazioni amministrative territoriali hanno subito immediate modificazioni. Nelle province lombarde annesse, entra in vigore la legge comunale e provinciale che incardina l’amministrazione dei comuni su tre organi costitutivi: Consiglio comunale, Giunta municipale e Sindaco; tutti coadiuvati dal Segretario comunale. Inizialmente il sindaco è di nomina regia in tutti i comuni, anche se scelto generalmente tra gli eletti in consiglio comunale. Si deve aspettare la proclamazione del Regno d’Italia e la legge provinciale e comunale e del 10 febbraio 1889 per introdurre nei comuni oltre i 10.000 abitanti, l’elezione a scrutinio segreto del sindaco direttamente in consiglio comunale. Nei piccoli comuni come Terno tutto rimarrà come in precedenza, poiché sarà la legge del 26 luglio 1896, che diverrà Testo Unico nel maggio 1898, ad abolire la nomina regia ed introdurre il diritto elettivo del sindaco in tutti i comuni del Regno. Tuttavia, la pergamena è interessante in quanto siglata nel 1871 dal Re e dal Ministro dell'Interno con sede ancora a Firenze, quale capitale fino alla conquista di Roma nel 1871. Giuseppe Bravi dal 1861 al 1875 è il primo sindaco di Terno italiano. Verosimilmente ufficializzato con cinque mandati triennali di nomina regia. Quattordici anni d’intenso lavoro amministrativo allargato, per tutta una serie di circostanze, all’ambiente politico e sociale. Non abbiamo il primo decreto di nomina per il primo conferimento di sindaco italiano nel 1861. Tuttavia, per il periodo successivo, abbiamo tra le mani il decreto del re riprodotto su pergamena: “Vittorio Emanuele II. Per volontà di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia. Sulla preposizione del Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell’Interno. Visto l’articolo 98 della legge 23 Ottobre 1859, abbiamo nominato e nominiamo Giuseppe Bravi alla carica di Sindaco del Comune di Terno, Circondario di Bergamo, Provincia di Bergamo, pel triennio 1863 – 64 – 65. Il Ministro Segretario di Stato predetto è incaricato dell’esecuzione del presente Decreto. Torino, addi 12 febbraio 1863. Firmato Vittorio Emanuele. Controfirmato N. Peruzzi”. Il prefetto Coffaro, nell’inviare tale conferimento, si rivolge a Giuseppe Bravi come “novello Sindaco di codesto Comune”. Il sindaco, gli assessori e i consiglieri, seppur nelle varie difficoltà di ricuperare chi ha il diritto e poi è disposto all’impegno amministrativo, dopo le elezioni amministrative di luglio 1863, raggiungono il numero di quattordici elementi per comporre il Consiglio comunale: Giovanni Spini, Giovanni Battista Scotti, Benedetto Taramelli, Bortolo Gambirasio, Luigi Mazzoleni, Gerolamo Chiappa, Giovanni Mazzoleni, Angelo Bonasio , Francesco Albani, Emilio Caio. Tra loro, eletti dal Consiglio e poi approvati dal prefetto nel ruolo d’assessori, Luigi Gazzaniga e Bortolo Albani. L’appello non include il consigliere Luigi Taramelli poiché deceduto poco dopo la sua elezione. Il 18 novembre del 1864, il Parlamento di Torino approva la legge che trasferisce la Capitale del Regno a Firenze. Il re s’insedia a Palazzo Pitti e il Parlamento a Palazzo Vecchio. Il terzo mandato di sindaco per Giuseppe Bravi, firmato il 28 gennaio 1866, giunge dunque dalla nuova capitale d’Italia. Lo scritto che accompagna il decreto di Vittorio Emanuele II, firmato dal prefetto di Bergamo, riporta: “E’ lieto il sottoscritto di annunziare a V.S. che in Udienza dalli 28 di Gennaio degnatasi S. Maestà di confermarla Sindaco del Suo Comune pel triennio 1866 – 67 – 68. Nel felicitarla per questo nuovo attestato di sovrana considerazione, e persuaso che colla solita di Lei operosità (…) saprà degnamente corrispondere. Le invio qui unito il relativo Decreto di nomina”. Sulla pergamena si evidenziano gli estremi del decreto con la nomina: “Sindaco di Terno Giuseppe Bravi”. Nel luglio 1866, avvengono le consuete elezioni amministrative per rinnovare di un quinto il consiglio comunale. Giuseppe Bravi, già decretato sindaco per il triennio 1866-1868, da tali votazioni è rieletto tra i consiglieri decaduti da tale diritto dopo cinque anni di mandato legislativo. Ma il quarto mandato di sindaco, decretato per il triennio 1869-1871, perviene in municipio nel gennaio 1869. Anche questo decreto, emanato su pergamena, sopraggiunge da Firenze, capitale momentanea nell’attesa di Roma con l’eventuale liberazione del Lazio. Il prefetto Conte fa recapitare la pergamena al patriottico sindaco, ed oramai anche noto personaggio provinciale, posto alla presidenza del Consorzio circoscrizionale: “In questa circostanza debbo esprimerle la piena soddisfazione del Governo pei servizi da Lei resi alla cosa pubblica nel triennio ora spirante, in cui Ella rimase a capo di codesto Municipio, al quale confido vorrà consacrare anche in avvenire le sue cure con eguale intelligenza e patriottismo”. Il 27 luglio 1871 avvengono le consuete elezioni amministrative. Un manifesto in piazza riporta: “Art. 46 della legge Comunale e Provinciale approvata con quella del 20 marzo 1865 si invitano tutti gli elettori (…) allo scopo di procedere alle elezioni dei Consiglieri comunali e provinciali mancanti (…) i Consiglieri scaduti sono eleggibili”. Il voto “per la rinnovazione del quinto del Consiglio Comunale” rielegge i consiglieri uscenti dal mandato quinquennale, tra i quali Giuseppe Bravi. Queste elezioni confermano e rafforzano la sua immagine di sindaco, già rieletto presidente del Consorzio fiscale nella circoscrizione dell’Isola e del collegio elettorale locale. Con Giuseppe Bravi si riconfermano gli uscenti: Francesco Albani e Benedetto Taramelli, che potranno restare in carica fino a luglio 1876. Tre giorni dopo, da una consultazione a scrutinio segreto avviata all’interno del consiglio comunale, “il Signor Giuseppe Bravi ha conseguito maggior numero di voti a fronte d’ogni altro candidato”. In effetti, in questa consultazione interna, da inviare a titolo orientativo in prefettura, egli raccoglie dieci preferenze dagli undici consiglieri presenti. Conoscendo la corretta propensione del Bravi all’astensione sul voto personale, possiamo riaffermare che si tratta di un consenso unanime poiché mancherebbe solo la propria indicazione. Dopo tale verifica, non resta che attendere la conferma del re. Infatti, il quinto mandato per il triennio 1872-1874, è confermato con decreto reale, anche se segna l’emanazione in due distinte copie di pergamene stampate in diversa data: “Dato a Firenze addi 26 Novembre 1870” e “Dato a Roma addì 26 ottobre 1871”. Due riproduzioni eseguite in località diverse come la data d’emanazione. Un errore della Burocrazia che si sta trasferendo da una capitale all'altra? Ossia, dagli impetuosi avvenimenti in corso per il trasferirsi dal palazzo ministeriale in Firenze all’altro in Roma Capitale d’Italia? Oppure, il conferimento romano, è una strategia politica per rafforzare l’immagine e il prestigio del compiuto Regno d’Italia? Di certo il prefetto Solina, nel fare pervenire in municipio le due copie in date distinte, in questo caso, è costretto a congratularsi due volte con Giuseppe Bravi: una nel gennaio 1871, l’altra nel novembre 1872.