Nel mulino bianco viviamo noi

Eccola qua, l'icona di un passato idealizzato, quello del mulino bianco appunto, e della famiglia che ci abitava dentro, tra macine e tegolini, con Banderas che parla alla gallina.

Invece era vero il mulino di Romano Lombardo (un paese che ci è simpatico, perché contiene già nel nome un ossimoro) e anche se l'immagine rimanda alla quiete, alla luce, all'armonia, dobbiamo ricordare con onestà che accanto alla gioia di avere sempre pane (sulla tavola delle famiglie che ne possedevano uno non mancava mai cibo) rispondeva il sudore di chi quel pane se lo guadagnava, lavorando duro, senza sosta, come senza sosta era il fluire dell'acqua e la ruota che faceva girare. E anche le lacrime, la fatica, il sacrificio di chi a quel mulino andava, cavando grano a forza di braccia, da una terra sempre troppo bassa, che poteva essere magra per tutte le bocche da sfamare, pure quando era scura, ricca.

Nella casa del mulino bianco, per chi ci ha preceduto, viviamo noi, con i lussi, le comodità e un benessere mai conosciuto prima, anche se lo scordiamo spesso, perché la memoria è più corta della nostalgia.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

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